La Chiesa di Sant'Egidio
(di Giuseppe Galardi - L'Ortica maggio 1974)
I normanni eressero la Chiesa di S.Egidio intorno all'anno 1100 difronte al lato meridionale del Castello. Federico II la salvò dalla distruzione nel 1246 (Congiura di Capaccio). Fu restaurata nel 1666. Nel 1739 era vecchia e cadente e l'abate Giuseppe Vultreco chiese al Cappellano Maggiore l'abbattimento ed il rifacimento di una nuova chiesa a tre navate. Si ebbe l'assenso regio e l'economo Giuseppe Cantalupi commissionò la costruzione ad un architetto romano. | Vedi anche: La chiesa descritta dai Fratelli Ferrara nel 1898 La chiesa descritta da Paolo Tesauro Olivieri La chiesa descritta nella Collina degli Ulivi -1992
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L'apprezzo giuridico fatto nel 1739 dal Tribunale della Regia Camera, con relazione del Tavolario Caputo dice: "Proprio da sotto il baronal palagio vi è la chiesa Parrocchiale ed Abbadia, eretta sotto il titolo di Sant'Egidio, nella quale risiede il regio Abate di essa come superiore ordinario soggetto immediatamente all'illustrissiomo Monsignore Cappellano Maggiore del Regno, colla plenaria ed ordinaria giurisdizione sopra i suoi sudditi. Ma il suo Vicario Generale che amministra giustizia, con altri subalterni, per il servizio di detta real Chiesa come dalla fede dell'Università, fol. 56. Al quale Regio Abate son soggetto due delle terze parti dei naturali di detta Terra, in quanto allo spiritule…….. Usa l'accennato Abate tutte l'esteriori Pontificali come contestatamente viene deposto dalli testimoni fiscali esami nati sopra il 6° art.fol.203 ed ai 216,228,239,251,263. Consiste la suddetta Reale e Parrocchiale Chiesa in tre sostenute da pilastri ed archi di fabbrica coverti da tetto con soffitta di tavole ornate di pittura, in parte diruta, in mezzo della quale vi è la Reale impresa dipinta ad olio e così in testa di dette navate, che nelli lati vi sono cinque cappelle con diversi quadri di Santi e di Sante e nella principale nave di mezzo, mediante arco di fabbrica vi è l'altare di Sant'Egidio e nel mezzo il piccolo coro con suoi sedili di castagno, per officiare e a sinistra e a destra del quale due stanze coverte a lamia. Si ha l'ingresso per due porte: accosto la principale di essa vi è l'antico campanile a tre ordini". Dopo questo verbale di apprezzo, la vecchia chiesa fu demolita e si iniziò la costruzione della nuova. I proprietari delle case vicine, per non subire variazioni e spostamenti delle loro abitazioni, tanto fecero e tanto implorarono il re di Napoli, che impetosito diede ordine di restringere a minor proporzioni il disegno della nuova costruzione. Il progetto di una chiesa a tre navate fu abbandonato e si costruì una chiesa ad una sola navata con undici finestroni, con uno stile che è neoclassico con strutture romaniche. Per la imposizione regale di restringere la nuova chiesa, l'Abate Angelo Ferro, fece rialzare la navata laterale sinistra all'altezza della destra costruita nel 1742. La chiesa fu costruita dal 1740 al 1756. Sulle staffe di ferro del portone c'è scritto PMR( Parrocchia Matrice Regia) e la data del 1750. Sullo scalino del portone c'era scritto la data 1756 e sul muro della scalinata della piccola porta (oggi cappella di S.Teresa) c'era la data 1753. L'abate Giuseppe Battista Vignale da Morcone, curò la costruzione della nuova chiesa con l'interno decorato a stucco utilizzando solo i quadri del Sarnelli e disperdendo i vecchi che erano del XIV° secolo. La nuova chiesa ebbe questa sistemazione: a destra la cappella del Crocifisso e dell'Addolarata, della famiglia Naso, con una pala che rappresentava il Calvario. Oggi (anno 1974) altare e pala sono scomparsi. La cappella del Carmine della famiglia Ricci, passata ai Peduto nel 1854. In questa cappella v'era il beneficio di san Bernardino da Siena e di S. Vito per le abbondanti elargizioni di Giovanni Granato. La tela, rappresentante la Vergine del Carmelo con ai piedi San Bernardino e San Vito con due cagnolini fu spostata sull'altare del Crocifisso per dar luogo alla nicchia che oggi raccoglie la statua di Sant'Emiddio, fatta con l'offertta popolare dopo il terremoto del 16 dicembre 1857. La tela è scomparsa da pochi anni. La cappella di San Giacomo, fatta dai Cantalupi che ne ereditarono i benefici della famiglia De Santis nel 1749, ha una tela del 1756, opera di GiovanBattista Vela, che rappresenta S.Giacomo, S.Andrea d'Avellino e San Gaetano da Thiene. A sinistra la cappella di San Matteo della famiglia Granata che passò alla famiglia Mazzaccara. L'altare in stucco portava questa iscrizione: "Ius patronato familia Mazzaccara A.D. 1512. La tela, opera del Vela, raffigurante S. Matteo è scomparsa dopo che il parroco Domenico di Paola, fece togliere nel 1939 gli altari di San Matteo e di San Giacomo. In questa cappella è stato sistemato il fonte battesimale in marmo proveniente dalla vecchia chiesa. La cappella del Corpus Domini apparteneva all'Università. Oggi ha tre nicchie con la statua di S.Sofia proveniente dalla chiesa omonima, della Madonna del Rosario proveniente dalla chiesa dell'Annunziata e di S.Vincenzo Ferreri, statua fatta fare dal prete Francesco Saverio Galardi nel 1860. La cappella di S. Antonio da Padova, fatta da Marcantonio Trombasca nella vecchia chiesa del 1616, aveva una tela di M. Peccheneda del 1768 e rappresentava il Taumaturgo che adorava il Divin Pargolo. Scomparsa la tela da anni c'è oggi una nicchia che raccoglie una statuadel Sacro Cuore di Gesù. Dopo la balaustra in marmo a destra c'è l'ingresso alla sagrestia, un ampio locale a volta, che prende luce da due finistroni. In uno stipo c'è la statua di Sant'Alfonso de' Liguori. Non ho potuto mai capire perchè questa bellissima statua è confinata in quello stipo e non è ammessa alla venerazione dei fedeli.
L'altare maggiore è di marmo e dietro di esso ancora ben conservato il coro con stalli di noce, opera dei fratelli Biagio e Pietro Portanova. Nell'abside c'è la nicchia con la statua di Sant'Egidio, che nel 1860 sostituì la statua che rappresentava il Santo con la cerva. Fra le carte del prete Francesco Saverio Galardi, ho trovato una ricevuta che dice: "Dichiaro io qui sottoscritto Vincenzo Avallone scultore di aver ricevuto ducati centotrente da D. Francesco Galardi di questo comune di Altavilla, in qualità di procuratore della parrocchiale chiesa di Sant'Egidio, per tre statue, la prima sotto l'indicazione di Sant'Egidio Abate; la seconda sotto l'indicazione della SS. Resurrezione, la terza di S.Vincenzo Ferreri. Per le due prime giusto il doppio originale furono pattuite ducati cento, chè con questa dichiarazione accuso ricezione per conto della chiesa senza altro a pretendere; per l'ultima fu convenuto per ducati trenta, che or ora ricevo, a saldo del convenuto prezzo. Altavilla 14 Agosto 1860, firmato: Vincenzo Avallone". Le tre pile dell'acquasantiera sono presumibilmente del XIII secolo. Nel 1885 il prete Vincenzo Mottola distrusse il trono dell'abate che si trovava all'ingresso della piccola porta e spostò l'organo sulla porta principale. L'organo fu fatto fare a Napoli nel 1742 dall'abate Angelo Ferro e costò col trasporto 108 ducati. Svelse il pergamo che era sulla porta della chiesa e lo piazzò su un confessionale tra l'altare di Sant'Antonio e la cappella del Corpus Domini. L'antico trono dell'Abate era situato innanzi la piccola porta della chiesa e con il dietro faceva da paravento alla porta, lontano dal muro circa un metro serviva da passaggio e da ingresso alla chiesa, sicchè chi entrava nella chiesa dalla piccola porta trovava le spalle del trono e dover svoltare a destra. Sul trono v'era l'antico organo a cui si accedeva da una porta del campanile. La base dell'organo faceva da baldacchino al trono. Il vecchio pavimento fu rimosso e sostituito da lastroni nel 1939. Sotto questi lastroni sono rimaste anche le pietre tomabli delle fosse mortuarie che furono usate per la sepoltura dei morti fino al 1860/65. Furono chiuse le sei tombe antistanti gli altari e fu pure chiuso il sepolcro dei sacerdoti, cioè la cripta sotto il presbiterio. Per una scalinata si scendeva in questa cripta dopo aver sollevato un pesante lastrone di marmo. Difronte alla scalinata, vi sono ancora cinque sedili in muratura, che servivano a raccogliere in posizione seduta, le salme dei sacerdoti morti e vestiti con paramenti sacri. In un astuccio metallico fu rinvenuta una stampa abbastanza consunta che parlava di un prete Caruso ivi sepolto. Tutto il sotterraneo della chiesa è occupato dalle tombe dei fedeli, che sono suddivise in sei camere col tetto a volta. Furono tolti gli altari in pietra e stucco delle cappelle di San Matteo del Crocifisso e di San Giacomo e al posto dell'altare di San Matteo fu messo il Battistero che prima era a destra entrando. Nel 1940 furono eseguiti lavori di restauro alle pareti e alla volta della chiesa dalla ditta Capasso di Sicignano degli Alburni. La chiesa subì gravi danni per gli eventi bellici del 1943 ed i lavori di riparazione furono eseguiti, i più ingenti, come il tetto e la volta, immediatamente dopo la guerra mentre la facciata e l'interno furono restaurati nel 1953/54. Il campanile di Sant'Egidio, alto 25 metri, s'innalza su pianta quadrangolare dalla base all'altezza col muro della chiesa per continuare in dimensioni perimetriche più ridotte, a pianta ottagonale fino alla cupoletta ad arco gotico. L'elemento basale corre liscio senza fregi.
Da via Solimene una scaletta in muratura immette, tramite una porticella, nel campanile, a cui si accede anche da una porticina del coro. Il campanile architettonicamente ricalca lo stile romanico, come si deduce dalla costruzione massicca e dai fregi anche se v'è traccia di influssi neoclassici. La parte superiore del campanile, a pianta ottagonale, è a tre ripiani e intorno tra un ripiano e l'altro corre un fregio architettonico poco sporgente a modo di cornice. Quattro monofore per ogni ripiano assicurano una sufficiente veduta del campanile. Il campanile ha tre campane, la grande fusa nel 1918 dalla ditta Nobilione di Napoli è chiamata Maria Rosaria, perché ha in rilievo l'immagine della Madonna del Rosario e l'immagine del Sacro Cuore di Gesù. Questa campana è montata su un asse ricurvo al centro in modo che quando suona a slancio, ruota intorno allabase della corona evitando oscillazioni al campanile. Ho trovato notizie che dicono che la domenica delle palme del 1884 la vecchia campana fu rotta dal sacrestano Andrea Caruso e che nello stesso anno fu fusa una nuova campana che portava inciso: Ferdin. II Rex Neap. Et.Sic. Patr..D. 1844. Rev. AnT.M.Reg.P.D. BARTH. Acceg.Padulae Fec. Questa campana cpome diceva l'iscrizione, fu fatta da Bartolomeo Accetta di Padula su commissione del regio parroco Antonino Marruso e fu alloggiata l'11/8/1844. Nel ripiano superiore della campana grande vi sono altre due campanelle, una senza scritta e l'altra con la data del 1901 fusa da un certo Tarantino. Ho sentito dire che questa campanella sostituì la vecchia campanella del 1355. Nello stesso ripiano della campana grande è alloggiato un vecchio orologio fermo su cui si legge: SYNDICO D.ANTONIO GAIONE D.no PHISICO e la data del 1844. Il campanile di S.Egidio ebbe il suo primo orologio ad ore nel 1874 per volere del Sindaco Giuseppe Peduto. Dalla torre dell'orologio di Piazza Antico Sedile, il vecchio orologio fu spostato sul campanile di S.Egisio e si spesero per il trasporto e la messa inopera ducati 6,30. Questo vecchio orologio era stato fatto fare nel 1735. Tra i rendiconti del Sindaco Diego Baione in data 19/3/1735 è segnata la somma di 60 ducati per la costruzione dell'orologio e 5 ducati di regalia al mastro Scipione Venturiello di Castel San Lorenzo. Questo orologio suonava ogni ora e ventunora(ore sedici) batteva 33 tocchi. Oggi l'usanza si ripete col battere 33 tocchi di campana. Per dar luogo al nuovo orologio q quarti, commissionato dal Sindaco Antonio Gaione, questo vecchio orologio fu spostato e messo nel 1842 sul campanile di San Biagio, dove ancora trovasi. L'ORTICA - Maggio 1974 - Circolo Culturale "Le Tre Torri"
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