|
Come riporta Annunziata Buggio nella descrizione degli scolatoi della chiesa napoletana di San Severo al Pendino, «gli scolatoi erano dei piccoli sedili (e/o nicchie) scavati nella pietra, o nelle mura pietrose contenenti un vaso detto "cantaro" sui quali si mettevano seduti e legati i corpi dei defunti, spesso calati dall'alto per mezzo di un'apertura nel pavimento e lasciati ad essiccare dei loro liquidi, raccolti dal cantaro che defluiva tramite un foro nella terra. A provvedere all'esecuzione di questo lavoro c'era una figura specializzata, ovvero lo "schiattamuorto" (o schiattamorto) ovvero colui che provvedeva a bucare (quindi schiattare) il corpo del defunto per agevolare il processo di colatura. Terminata questa fase, ne seguiva una più o meno lunga dove le salme venivano lasciate ad essiccare della loro carne, ridotte praticamente in mummie; successivamente ricavate le ossa, queste venivano sistemate in terresante o nelle tombe di famiglia, al fine di perpetuare devozionalmente il ricordo. Può sembrare una pratica raccapricciante, ma in molti la richiedevano: dai monaci, alti prelati e nobili, previ su cospicue donazioni e lasciti alla chiesa di appartenenza. Dall'operazione della «scolatura» è stata coniata l'imprecazione del tutto napoletana «puozza sculà!» una raccomandazione non del tutto beneaugurante!» .
Nel Salernitano testimonianze importanti di questa pratica si trovano a Campagna nella chiesa della Beata Vergine del Carmelo, sede della Confraternita del Monte dei Morti e delle catacombe con gli ossari e gli 'scolatoi' ancora intatti. Infatti nel 1999 nel lato destro della chiesa è stato riportato alla luce il cimitero considerato del clero. In esso sono presenti i sedili in fabbrica di malta utilizzati per adagiarvi i cadaveri vestiti. Alla loro base ci sono dei fori che permettevano ai residui organici di defluire verso canaletti di scolo allacciati ad un canale principale comunicante con il letto del fiume sottostante dove con una opportuna deviazione delle acque si riuscivano a ripulire tutti i canali di scolo. Le ossa poi venivano pulite e riposte ordinatamente su cataste di ossa e teschi.
Altre testimonianze si trovano nella cripta di S. Maria del Carmine, nella chiesa del convento di San Francesco ad Eboli, e presso il Convento dei Frati a Baronissi.
Ad Altavilla Silentina ci sono evidenze e testimonianze di sepolture in quasi tutte le chiese presenti nel paese. Nel convento di San Francesco, in occasione di lavori di sostituzione del pavimento, furono scoperte decine di tombe che furono richiuse alla meno peggio; in quella occasione furono rimosse anche 21 pietre tombali, alcune delle quali oggi sono esposte nel chiostro del convento. Nella chiesa del Carmine alcune tombe si trovano proprio sotto il pavimento dell'altare maggiore. Nella chiesa di Sant'Antonino nel 2004, durante i lavori di rifacimento del pavimento, furono trovate due grandi tombe, una intestata a Francesco Di Venuta (1795), l'altra alla famiglia Granata, oggi ben visibile e protetta da una lastra di vetro. In questa chiesa furono trovate anche tantissime ossa interrate dietro l'altare principale. Rinvenimenti di scheletri ed ossa si riscontrarono nel 1966 quando l'area in cui era situata la decaduta chiesa della SS. Annunziata fu interessata ai lavori di costruzione della nuova sede municipale. Ultimo ritrovamento si è verificato nel 2014, dietro l'altare maggiore della Cappella di "Cielo e Terra" durante i lavori di restauro dell'edificio. In tale occasione fu trovata, murata dietro l'altare, un'urna senza alcun riferimento di data o nome, contenente uno scheletro umano, che, dopo diversi accertamenti di legge, fu trasferita al cimitero di Altavilla.
Nelle due chiese principali di Altavilla, quella di San Biagio e di Sant'Egidio, oltre alla presenza di ossari, si ritrova testimonianza della pratica degli 'scolatoi'. Tutto ciò è la testimonianza di un passato quasi dimenticato e sconosciuto alla maggior parte delle persone che hanno frequentato le chiese altavillesi in quest'ultimo secolo.
La chiesa di Sant'Egidio, che ospita il Santo patrono di Altavilla, fu eretta probabilmente intorno al 1100, fu risparmiata dalla distruzione comandata dall'imperatore Federico II a seguito della congiura di Capaccio (1246) ed è stata badia nullius fino al 1811. Essa, purtroppo, è ancora chiusa a seguito del sisma del 23 novembre 1980 malgrado siano stati eseguiti e collaudati lavori di ristrutturazione e consolidamento. La chiesa presenta ancora oggi tombe, altari dedicati a famiglie nobili altavillesi dei secoli passati e presenta anche diversi scolatoi.
Secondo alcune testimonianze di cittadini che hanno frequentato la chiesa prima della sua chiusura, sotto il pavimento della chiesa esistono diversi scolatoi realizzati in un vano che ha un'altezza di almeno 1,5 metri. La testimonianza è stata fornita da Luigi Morrone, che quand'era ragazzo aveva assistito al lavoro di rifacimento del pavimento della chiesa e ricorda benissimo che in prossimità dell'accesso all'altare maggiore, fu aperta una botola dalla quale si intravedevano scheletri umani seduti. Il parroco don Domenico Di Paola vietò ai cittadini di scendere nel sotterraneo, ma qualcuno, come di seguito riportato, invece fece un sopralluogo.
Tale testimonianza è confermata, infatti, da un articolo a firma dello storico locale Giuseppe Galardi, pubblicato nel maggio 1974 su un foglio locale, L'Ortica, che nella descrizione della chiesa riporta: «nel 1939, il vecchio pavimento della chiesa fu sostituito dagli attuali lastroni sotto i quali sono rimaste le pietre tombali delle fosse mortuarie utilizzate fino al 1860/1865. Durante i lavori furono chiuse 6 tombe antistanti gli altari e fu pure chiuso il sepolcro dei sacerdoti, cioè la cripta sotto il presbiterio. Per una scalinata si scendeva nella cripta dopo aver sollevato un pesante lastrone di marmo. Di fronte alla scalinata 5 scolatoi che servivano a raccogliere, in posizione seduta, le salme dei sacerdoti morti e vestiti con paramenti sacri. In un astuccio metallico fu rinvenuto una stampa abbastanza consunta che parlava di un prete Caruso ivi sepolto. Tutto il sotterraneo della chiesa è occupato dalle tombe dei fedeli, che sono suddivise in sei camere col tetto a volta. In superficie, invece, furono tolti gli altari in pietra e stucco delle cappelle di San Matteo del Crocifisso creato nel 1512 e di San Giacomo e al posto dell'altare di San Matteo fu messo il Battistero, che prima era a destra entrando» . È un vero peccato che ancora oggi questa storica testimonianza venga negata agli altavillesi e a tutti i cittadini.
La chiesa di San Biagio, eretta nel 1308-1310 e poi rifatta dal 1745 al 1776, è anch'essa un gioiello della storia altavillese. Malgrado le tante suppellettili e gli altri materiali scomparsi negli anni, la chiesa si mostra imponente nel suo altare maggiore, nelle sue statue e dipinti, nonchè nel suo organo settecentesco restaurato e perfettamente funzionante. La chiesa in passato era una parrocchia molto attiva, luogo di culto importante e molto onorata dagli altavillesi per la sua storia e per la presenza del corpo santo di San Germano. Nei primi decenni del Settecento era un punto di riferimento per tanti bisognosi, residenti e non, emigranti, pellegrini esteri che visitavano luoghi di culto e che erano di passaggio ad Altavilla. Era attivo l'Ospedale di San Biagio, di cui rimane un rendiconto per gli anni 1718-1734, contenuto negli esiti del Libro dei Conti della chiesa relativi al periodo 1717-1739, ben trascritti in una sua pubblicazione da Nadia Parlante . La chiesa, riaperta il 22 dicembre 2012, nonostante oggi non abbia lo stesso imponente ed importante ruolo religioso dell'epoca pre-terremoto e venga utilizzata anche come luogo per incontri culturali, conserva, malgrado tutto, il suo fascino e il suo ruolo di Madre per tante famiglie altavillesi.
Anche questa chiesa nasconde sotto il pavimento e nel piano inferiore, dove fu realizzata nel 1792 la cripta di San Germano, una piccola meraviglia ovvero la più preziosa testimonianza di quella che era una volta l'usanza di trattare i defunti. Alessandro e Antonio Ferrara, nel 1898, citando la cripta di San Germano dicevano che era stata realizzata nel luogo in cui «prima che si costruisse il camposanto, vi si deponevano i cadaveri dei cospicui parrocchiani» . L'area in cui insiste la cripta è formata da due vani, nel primo ex ossario-cimitero è stata esposto il corpo Santo, nel secondo, invece, rimasto indenne ai lavori di rifacimento e dedicato a deposito, ci si trova di fronte agli 'scolatoi', gli strani sedili incavati nel muro (e qualcuno ricoperto) perfettamente conservati da almeno tre secoli e ben visibili.
Per quanto riportato da Galardi in un'altro suo opuscolo , l'attuale sagrestia e il locale attiguo alla cripta di San Germano erano adibiti ad ossario-cimitero già dal 1791 e i primi morti vi furono sotterrati nel 1792 mentre il supporto, al quale si accede dall'attuale scalinata, fu adibito a deposito di materiale vario. Il cimitero rimase operativo fino al 1841, quando l'arciprete di San Biagio, Luigi Caruso, decise di spostare il corpo santo nel supporto inferiore della chiesa. Il Corpo Santo di San Germano, arrivato in chiesa nel 1779, era stato sistemato a destra dell'altare maggiore. L'arciprete decise di spostare il corpo santo nel supporto inferiore della chiesa e quindi iniziarono i lavori, ultimati nel 1856, per accogliere San Germano nel supporto inferiore ed adibire la stanza attigua (ex cimitero) a deposito di materiale ecclesiastico.
Infatti, nella stanza attigua alla cripta odierna, sono ben presenti sulle pareti le nicchie per gli scolatoi. Alcune di esse sono state murate proprio all'epoca dei lavori per la cripta ma altre risultano ancora aperte. Nella prima metà degli anni '90, a seguito dei lavori di recupero dell'intero edificio, collaudati nel 1996, e in particolare in occasione della sostituzione di parte del pavimento allora esistente, fu aperta una botola dalla quale subito si intravidero resti umani. Furono realizzate, da parte di alcuni altavillesi, all'interno della chiesa delle foto molto significative. Nelle foto fornitemi dall'amico Edi Cembalo infatti, si notano diversi sedili di pietra, in uno dei quali è sistemato un corpo umano, e si intravedono inoltre diversi teschi ed ossa lungo la parte visionata. Le foto dimostrano che ci si trova di fronte ad una testimonianza molto importante. Sotto l'attuale pavimento della chiesa, quindi, vi sono gli 'scolatoi' con i resti umani di qualche sacerdote, e nel locale sottostante, le nicchie, scavate nel muro, dove i cadaveri (anche qui molto probabilmente dei preti e/o monache o nobili) venivano collocati seduti su appositi sedili-colatoio in muratura, ciascuno munito di un ampio foro centrale e di un vaso sottostante per il deflusso e la raccolta dei liquidi cadaverici e dei resti in via di decomposizione. Una volta terminato il processo di putrefazione dei corpi, le ossa venivano raccolte, lavate e trasferite nella sepoltura definitiva dell'ossario. La tecnica non faceva altro che 'mettere in mostra' il continuo modificarsi dell'aspetto esteriore del cadavere, che cedendo progressivamente le carni in disfacimento si avvicinava sempre più alla completa liberazione delle ossa (simbolo della purezza). Questa tecnica intendeva rappresentare visivamente i vari stadi di dolorosa 'purificazione' affrontati dall'anima del defunto nel suo viaggio verso l'eternità, accompagnata dalle costanti preghiere di confratelli o consorelle. Quello che stupisce in questa stanza oggi è anche il colore delle pareti, che sembra non essere stato mai rifatto negli ultimi secoli.
Il tempo passa, ma la storia, i racconti, le testimonianze di tanti altavillesi restano e queste belle chiese esprimono quel fascino e quei tanti punti 'nascosti' od oscuri che le rendono sempre più importanti nel conoscere e rappresentare le nostre radici, le nostre tradizioni, la nostra cultura. |