La storia del convento (Flli.Ferrara 1898). II Monastero ebbe origine verso il 1435 nell'anno V del pontificato di Eugenio IV, come si rileva dal P. Conzaga e dagli annali del P. Wadingo. Dalla tradizione e dalla platea o cabreo risulta che ne fu fondatore S. Bernardino da Siena, e lo confermano i manoscritti di Luigi Staibano, ricercatore di memorie storiche della costiera d'Amalfi. L'edifìcio è situato, a occidente e ad una certa distanza dell'abitato, nell'aperta campagna, sul dolce declivio d'un colle. Vi si gode un'estesa veduta di pianure, colline, monti, fiumi, mare, paesi, e vi si respira un'aria purissima. L' insieme spira un non so che di devozione, di raccoglimento e di rinunzia al secolo. Ne addita l'ingresso una colonna con croce di pietra, che prima era nel largo Castello erettavi dai crociati al loro ritorno da terra santa. Segue un piazzale erboso, e quindi si sale per una larga scala al vestibolo. In questo a sinistra sono le porte della chiesa e del chiostro. Nelle pietre del portone di quest'ultimo è scolpito : de i nomime tuo SALVÙ me fac 1554, cioè Domine in nomine tuo salvum me fac. Nella chiesa a sinistra di chi entra è una gran cappella, a volta a stucco, con tre altari. In quello di faccia vi è in una nicchia la statua dell' Immacolata di valente autore. Un giorno la Confraternita della Concezione vi faceva una processione ogni seconda domenica del mese, e pensava pure alla manutenzione, come apparisce da antichi incartamenti; ma questo sodalizio da gran tempo non è più. A destra in una nicchia è la statua di S. Bonaventura, di contro quella del Crocifisso. La chiesa, a una sola navata, è bellamente dipinta e decorosamente mantenuta. Quantunque male aerata e illuminata anche peggio, perché riceve aria e luce da quattro soli finestroni di foggia antica a settentrione, mentre gli altri a mezzogiorno son finti, ispira tuttavia devozione e raccoglimento ascetico. Nel soffitto, ch'è di tavola, si vede S. Francesco, genuflesso fra nubi, e la concittadina S. Chiara, i più insigni dell'ordine, cioè Scolo, S. Bonaventura e S. Bernardino da Siena, e di sopra il Padre eterno, il Cristo col segno del riscatto nella sinistra, e una corona d'angioletti, il tutto circondato d'arabeschi e fiorami e maestrevolmente dipinto. Vi si legge il millesimo 1761 e si crede opera del Solimena. Nella parte opposta, sull'arco maggiore in mezzo ai finestroni sono dipinti a grandezza naturale i dodici apostoli, ciascuno col simbolo del proprio apostolato. A destra di chi entra nella chiesa si trovano tré altari : di S. Pasquale, di S. Chiara, già di S.Teresa, e di S. Antonio da Padova; a sinistra poi gli altari di S. Giuseppe, di S. Francesco e di S. Rosa. Quelli di S. Teresa e di S. Francesco sono di bei marmo antico e furono consacrati il 5 febbraio 1784 dal vescovo di Capaccio, mons. Angelo Maria Zuccaro, assistito dal clero con gran solennità e pompa. A chiunque li visita nell'anniversario della consacrazione furono assegnati quaranta giorni d'indulgenza. I quadri dei due suddetti santi sono del Solimena, come si rileva dalla iscrizione : A devozióne del P. Francesco Antonio di Padula. A. D. 1778. Solimena F. Gli altri quattro altari, ciascuno con nicchia e statua del rispettivo santo, sono anch'essi di marmo, fatti tra il 1858 e il 1859 per volontaria offerta del popolo. L'altare maggiore, di finissimo marmo antico, sorge sotto l'arco grande, con balaustra davanti anche di marmo. In cornu epistolce una nicchia con la statua di S. Pietro d'Alcantara, di ottima fattura. Dietro con molti stalli e leggìo di noce v' è il coro, e sopra di esso la statua di S. Francesco. Dal coro, a sinistra, si entra nella sagrestia, che riceve molta luce da due aperture. Il lavamano di marmo è più in dentro, in un'altra stanza, dalla quale si ascende al pulpito. Viene poi un'altra sagrestia diruta. Di faccia alla sagrestia presente è l'ingresso dei padri. L'organo, opera del Caselli, emesso fin dal 1755 sulla gran porta, è grandioso, sonoro, tutto dorato. La chiesa è fornita largamente delle suppellettili necessarie per i divini uffici. Oltre a statue di non spregevole lavoro ed ai ripostigli di noce per gli arredi sacri, v'è il più bei tesoro, consistente in dodici teche di reliquie di diversi santi distinte per mesi e per giorni. Mons. Mattia, vescovo di Capaccio, il 20 febbrajo 1749 dette licenza al frate Gaetano del Cilento, guardiano del monastero, di esperie, come autentiche, al culto. I notabili del paese e le famiglie più agiate avevano prima in questa chiesa le loro sepolture ; e ve ne sono 24. Degna di nota quella di buon marmo del barone Cesare Calcagna, con ai lati lo stemma con tré torri. Si accede al campanile da un corridojo del dormitorio; coperto e ultimato m questo secolo, esso ha una bellissima campana. II chiostro, a parallelogrammo, ha nel mezzo una cisterna e alcune piante di limoni. Le pareti erano un tempo decorate di buone pitture, rappresentanti miracoli dei santi dell' ordine ; ma, deturpate poi e coperte di calce, furono ridotte nel triste stato in cui ora si trovano. Nei corridoj, a pian terreno, vi sono stanze adibite a magazzeni: il corridojo orientale a destra, mette nel refettorio, nella dispensa e in un piccolo celliere, a sinistra, nella cucina comune, in un'altra privata, e in altre tré stanze per depositi di legna. Di faccia si esce in un piccolo piazzale, e da questo in giardino, nel quale sono altri vani a uso di cantina, stalle e ripostiglio per legna. Al dormitorio si sale per la scala grande e per un'altra segreta. Nel piano superiore quattro corridoj girano torno torno e danno ingresso a quindici celle, oltre la foresteria, l'infermeria e un quartierino, abitato dal padre guardiano. Il giardino, murato e piuttosto vasto, è ricco di frutta; e in un angolo di esso, dov'era un boschetto di querce e altre piante, ora distrutto, oggi si coltiva. Ha due fonti d'acqua potabile, una delle quali, per mezzo d'un condotto, manda l'acqua in cucina; e una gran vasca riceve le acque della vicina fontana pubblica e irriga buona parte del giardino. La carità cittadina provvedeva già sufficientemente ai bisogni del culto e dei frati, i quali avevano, per raccogliere le offerte, ospizj anco a Controne, a Postiglione, a Serre, a Albanella e godevano la facoltà di poter legnare nel real bosco di Persano. La comunità poi e i monaci alla lor volta dispensavano il superfluo ai poveri. Sui principj del secolo presente fu soppresso l'ordine; ma avvenuta la restaurazione borbonica nel 1814 si popolò novamente di religiosi. Con la legge 1861-66 il monastero fu incamerate al fisco, che lo censì al municipio per annue lire 130,00. Fino al 1893, pel culto, vi fu un frate, il quale, ammazzato a colpi di pietra, non più si rimpiazzò. Il municipio da quell'epoca, vi provvede. |
Galleria Fotografica:
La chiesa La processione Le pietre tombali Le campane del '500 |
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