Il Catasto Onciario rappresenta la prima vera riforma fiscale voluta da Carlo di Borbone nel 1741. Per disciplinare e, soprattutto, per aumentare gli introiti dello Stato, Carlo III di Borbone decretò la prima riforma organica e moderna a carattere fiscale. La Regia Camera della Sommaria, autorità fiscale e organo amministrativo e consultivo, il 28 settembre 1742 emanò le istruzioni per la compilazione dei Catasti. Furono stabiliti i termini di consegna del censimento catastale entro quattro mesi. Con il concordato del 1741 si stabiliva che i beni ecclesiastici, che non servivano per la cura delle anime, acquistati antecedentemente a quell’anno, dovevano essere tassati a metà. Tutti i comuni del Regno furono obbligati a compilare il proprio C.O. nonostante le proteste che si verificarono. Oggi il C.O. è una fra le più importanti fonti per lo studio della storia economica e sociale dell’Italia Meridionale.
Il Re diede al marchese Gabriele Solimena l’incarico di provvedere alla stesura del C.O. di Altavilla. Costui delegò il Governatore. Il Parlamento Comunale inaricò i signori Francesco Vecchio e Paulo Cascini per la compilazione., essendo uomini “timorati di Dio e non inquisiti”- Costoro ebbero l’incarico di determinare i redditi sugli immobili, sugli animali e sulle attività produttive, sulle “arti”, e determinare le rendite derivanti da investimenti, denaro dato a prestito, ecc. Furono eletti, inoltre, dieci rappresentanti da affiancare al governatore e al parroco don Giuseppe, per l’approvazione: Gennaro Bocchile (capo eletto), Giovanni Olivieri, Cesare Di Feo, Antonio Iuculano, Orazio Fresenga, Antonio Di Masi, Gennaro De Masi, e altri tre.
Esaminate le dichiarazioni facevano controlli incrociati, soprattutto per quanto riguardava i prestiti e le somme che erano restituite annualmente.
Svolgevano l’azione di accertamento, dirigevano la discussione, partecipavano alle deliberazioni e avevano, inoltre, il compito di stabilire le sanzioni a carico di coloro che si erano macchiati di dichiarazioni mendaci. Avevano insomma anche la funzione di “giudici”.
Non si hanno notizie di dichiarazioni mendaci: solo in qualche “Rileva” vi sono aggiunte marginali postume eseguite fino a qualche decennio successivo.
Nel ‘700 le persone erano annotate nei registri parrocchiali: nascita, prima comunione, cresima, matrimonio e morte.
Il primo volume di raccolta dati della popolazione di Altavilla risale all’anno 1831, mentre l’anagrafe, come oggi istituita, fu applicata dai primi anni dell’Unificazione dell’Italia.
I dati di cui al C.O. risalgono a circa cento anni prima o, per meglio dire, a circa quattordici o quindici generazioni precedenti. Ogni “Rileva” del C.O. riporta l’accertamento patrimoniale, la “industria”, i pesi da dedurre e i componenti di ogni “fuoco”.
La consultazione delle “Rileve” mi ha permesso di compilare schede di facile lettura.
Considerato che l’accertamento fu fatto a tappeto e che vi erano sanzioni per chi si macchiava di mendaci dichiarazioni, si può affermare che tutta la popolazione fu censita, compresi servi, garzoni, e forestieri bonatenenti della “Terra di Altavilla”.
L’inventario delle persone, così predisposto, è storicamente attendibile e di notevole importanza. Il C.O. di Altavilla del Principato Citra fu compilato con scrupolo e impegno, tanto che oggi è uno dei più completi. Riporta anche notizie storiche che spaziano a lungo raggio nei secoli precedenti.
Conservato presso l’Archivio di Stato di Napoli, comprende sette libri di raccolta dati (faldoni), classificati con i seguenti codici numerici:
N. 4066 Processo;
N. 4067. Anno 1740. Atti di accesso dell’illustrissimo duca marchese delegato da S.M. in detta Terra per la formazione del GRAL CATASTO;
N. 4068. Altavilla. Ordine dei cittadini dalla lettera A alla Z. Anno 1753;
N. 4068 “Rileva” della Università della Provincia di Principato Citra, in esecuzione del bando della Regia Civita. Partite in anno 1728;
N. 4069. Cittadini lettera G;
N. 4070. Goli di “Rileve” delle vedove e Vergini, dei preti secolari cittadini dei Luoghi Pii del paese o forastieri. De forastieri abitanti e di quelli bonatenenti;
N. 4071. Il libro del catasto. Anno 1753.
Complessivamente sono oltre tremila fogli oramai ingiallite e deteriorate dal tempo, molte delle quali illeggibili. L’Archivio di Stato di Napoli non permette che siano eseguite copie fotostatiche ma solo foto con mezzi propri (e con addebito), limitate a qualche pagina.
Per l’applicazione del C.O. in paese non ci furono proteste, come avvenne invece in altri (e tra questi Napoli) dove si continuò a pagare a gabella.
La prima parte della “Rileva” è simile a uno stato di famiglia perché riporta il nome, la parentela, gli anni e l’attività svolta da ogni componente familiare.
Nella seconda parte sono riportati: l’abitazione, “l’apprezzo” delle rendite per i beni e delle “arti e mestieri”. Nell’ultima parte la detrazione dei “pesi da dedurre”.
Risultano, anche se sporadicamente, “ditte” prive di rendita pur avendo un patrimonio rilevante. Emerge che furono iscritte a ruolo anche le “ditte” in pareggio o in passività.
La casa di proprietà a uso proprio non era soggetta a tassazione.
Per ogni bene immobile veniva elencato il luogo, i confinanti e la rendita in Once, Grana e Cavalli.
Le donazioni, le rendite e gli oboli assicurati alla Chiesa, per la celebrazione di messe e per altri fini, venivano detratte dall’imponibile.
La “Rileva”, pertanto, è simile all’odierna “Dichiarazione dei Redditi”.
La stima della popolazione riportata nel C.O. è per difetto, poiché si sa che quando si fanno le dichiarazioni d’imposte ci sono sempre persone che sfuggono all’accertamento.
L’aumento delle tasse incrementò l’impoverimento generale della popolazione del Regno con conseguente aumento della delinquenza e della repressione.
Il cronista Matteo Greco, riporta quanto avvenne il 13 marzo del 1735: ”Laboriosa impiccagione alla Torre dei Ladri… appiccati –Macerio del Giudice, e si ruppe il capestro, onde fu scannato dal boia facendoli la scala il Cant.e De Cusitore. Il secondo fu franco Sposito, e non essendo spirato li fu tagliata la testa,facendoli la scala il canonico don Matteo Greco. Il terzo Natale Culella, facendoli la scala il P. Barra. Il quarto Paolo del Monte, facendoli la scala il parroco Grimaldi, micidiarii (omicidi) e ladroni di Campagna e Conturso, A 3 aprile s’appiccarono Felice Capozzolo e Cesare Opramolla d’Anni 35 per aver ucciso un prete in chiesa delle Serre.” …
Il 22 ottobre del 1736 “verso le ore 22 fu una leggiera scossa di tremuoto, che durò cinque minuti, e chi stava in campagna s’accorse dell’incostante moto degli alberi.
Da quegli anni si è sparso il detto che i Borboni governarono grazie alle tre F: feste, farina e forca.
Nel 1759 Carlo III di Borbone passò al trono di Spagna. Gli successe a Napoli il terzogenito di otto anni, col nome di Ferdinando IV sotto la reggenza di Bernardo Tanucci. Costui applicò una politica giurisdizionalista e riformatrice, tanto che gli dedicarono una via nei pressi di Piazza Carlo III, limitrofa dell’Albergo dei Poveri a Napoli. Nel Comune di Altavilla, durante il Periodo Borbonico, fu compilato anche il catasto risalente all’anno 1728, ma è di pochi fogli e privo di notizie di rilievo. |