24/9/2001 - 24/9/2011 Decennale della morte di Padre Guglielmo

In memoria di Domenico Di Agresti

LA MIA FORESTA

(Dalla finestra della casa natia - Altavilla Silentina, SA)

Da "Dialogando"

1993 Ed. Il Salice - Potenza"

 

 

 

Foto della Foresta - Anno 1999

D’immenso hai un nome
che risuona d’intenso
e racchiuso mistero
di morte e di mille vite infinite
come un segreto
ripieno
palpitanteti in seno,
ma tu, "Foresta“
modesta,
tale non sei:
sol il nome ti resta
di più remote distese e lontane
fatte di monti
di piane
larghe scoscese
di fiumi eterni
d'arborei grovigli
si che il piede s’impigli
e l'uomo
tra strida e tra voli e sibili e canti
s'arresta
al limitare dell'immensa foresta.

Tu ricopri d’un manto,
mia modesta
"Foresta",
soltanto un pendio a dolce declio
-una faccia soltanto-,
ma l'intessi di verde
variato
tramato

che giovane e tenero
di sole e di luce in dolce desio
traluce
e in alto piu svetta

e sul nero fogliame ch'é cupo
ché più lungo ha vissuto ·
or si staglia e civetta
qualce vita novella
piu snella
più bella
in fatato reame.
In abbraccio d‘amore
di foglie,
lussuriosa licinia
sposasi all'olmo più nero e fronzuto,
mentre la quercia regina sdegnosa
nobile
annosa
s'eleva
leggera
più potente ed altera,

Quando la brezza più fresca al mattino
come spirto divino
sfiora le fronde
chiomate
ricciute
e ondulate,
tutto pervade
e al chiarore dell'alba si fonde
in concerto d’amore
che a cento che a mille elevano al cielo
svariati gli uccelli

quale canto del cuore.

Rispondon festanti e volan veloci
a stormi
mai sazie di cielo
le rondin saiate di bianco e di nero,
sfreccianti
stridenti
garrule voci.
Cosi ti svegli.
Cosi io veglio
mentre ti guardo
festosa
gioiosa,
mia modesta
"Foresta“.
Cosi all’uom che con te si ridesta
pur muta tu parli;
tu dici arcana parola divina
a preghier mattutina.
Se il cielo tutto
dall‘alburnee cime s'indora,
dapprima
s'incolora a quel raggio
in un maggio perenne
ogni chioma novella
sfiorata,
e indorata
riluce e risplende e par s’inanella
a quel fascio di luce
ch‘avanza.
Trionfa.

Tripudia ogni ramo ogni foglia
     
     

leggera
quasi spinta da voglia
d'un'angelica danza.
Poi col sole che sale sull’erta,
mia modesta
"Foresta",
ogni cosa s'invoglia
d'un profondo sopore.
Nella calura che cresce,
perdura,
tace la vita
sommersa
e par persa
nell'estivo calore
d'assonnante torpore.
Or la cicala frinisce e gioisce.
Pure il passero ancora affamato
non posa
e stanco ripete
il suo pigolio.
Ma gia la rondine sazia riposa
senza stridio,
Tace il fringuello.
E l'allodola tace
col merlo
ncl cantare fratello.
E' pace.
Anche l'ulivo
vivo d'argento
— che in piaggia si stende e gira d'intorno
quasi ornamento -
immobile appare.

Nell'estiva foschia
della valle profonda il contorno
trascolora in nitore
con la riva del mare.
Ma nel vetro riflessa,
o mia modesta.
"Foresta“,
in te veggio aleggiare
ancor spirto divino:
non cessa
carezzarti le chiome
cullarti
bearti.

Tu vivi e, per te,
noi pure viviamo.
Stesso é lo spirito ed é stessa la mano
che accarezza le chiome
e sostiene l'umano.

Ma altro volto tu porgi,
altro suono tu mandi
di notte.
Nelle fredde sere e lunghe del verno
l'ululato del vento
t‘entra nel ventre
dell'oscuro vallone
e riesce rabbioso
furioso,
piegando
storcendo
spezzando.
Tu fremii.
Tu gemi

come sull'uomo gravando il dolore.
Ma se li dove poggi il tuo capo,
lenta la luna
s'avanza
e l'ombra s'allunga,
s'allenta,
nel chiaro ed oscuro
giocan le chiome
l'ombre i sentieri.
Fantasmi o pensieri uniti in mistero?

Ma se cupa é la notte
e la luna non splende, tutt'una tu appari:
massa uniforme
d'un gigante che dorme.
Ecco un Iume s’accende
solitario
ogni sera, risplende
su in cima, sulla macchia piu nera
e nella notte più fonda;
é sulla chiesetta del camposanto,
ove frattanto
tutta l‘onda dell‘umana esistenza
approda,
sprofonda
Sobbalza un cane che abbaia guaisce
lontano;
triste un richiamo d'uccello nottumo:
lo senti,
finisce.
Quel silenzio io bevo.
Dentro m'avvolge
mi fascia

travolge.
Guardo alla vita.
Penso alla morte.
Al mistero della mia esistenza.
Al lumicino che sempre s'accende
e ancor non si spegne:
solitario, ogni sera.
O mia amata,
mia modesta
"Foresta".

 


(Dalla finestra della casa natia - Altavilla Silentina, SA)